Malinconia - Tumblr Posts
Un piccolo pazzo con ossi di pesca costruiva un palazzo sdraiato nel vento tra pareti di bianco moriva contento senza nulla al suo fianco C’era solo un ricordo tu nuvola senza contorni in quel piccolo palazzo un giovane pazzo ti ha aspettato per giorni
Di un temporale mi piace tutto. Le foglie che iniziano a sbattere sempre più forte, una palla inizia a rotolare da sola, i primi tuoni e il cielo che si fa sempre più scuro in volto. Il giorno in cui vedo un fulmine è un bel giorno
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E allora forse mi rivedrai in una scritta su un muro, quando una notte le luci cominceranno a girare sempre più forte, nei moti circolari delle foglie che cadono, nei papaveri ancora rossi lungo i binari
Non dimenticherò mai l’ultima volta in cui vidi i tuoi occhi illuminarsi in un sorriso. Quante volte mi è sembrato di intravederli tra la folla di quelle stesse strade che avevamo percorso fianco a fianco.
Ripetimi tutto, non serve che parli
“'Na rosa 'e ciento spin' Seje mise senz'e te 'Na bott' dint'o cor' Tu t’hê scurdat' 'e me”
Durante i lunghi viaggi in macchina facevi una cosa strana: con il dito appiccicato al finestrino seguivi le linee del paesaggio che lentamente cambiava, delle montagne, delle colline, del mare. Poi è arrivata la sera, la terra era andata avanti nel suo giro su se stessa mentre tu attraversavi l’Italia da Nord a Sud, e ti sei ritrovata col dito appiccicato alla luna. È stata come una scossa, e in un secondo i tuoi ricordi hanno viaggiato dallo spazio fino al finestrino di una macchina lungo la A14
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Quanto è piccola la nostra città, la giravamo palmo per palmo ogni volta consumando le scarpe nuove e dal mio balcone riuscivo a vedere il tuo tetto, dall’altra parte del fiume. Mi ci avevi portato lì sopra, una notte avevamo salito tredici piani a piedi tenendoci per mano e poi fantasticato su cosa facessero le persone nelle case con ancora la luce accesa. Non so se abiti ancora lì, ma ogni tanto i miei occhi, dal mio balcone, si arrampicano ancora lassù.
Si perdono le chiavi, gli occhiali, i telefoni ai concerti, i voli, i treni, le scommesse, a volte la testa, ma le persone non si perdono. Non quelle con cui hai passato pomeriggi, tra quattro mura, a raccontarvi in silenzio intere odissee, con certi sguardi che ti portavano dall’Islanda dritto sulla Luna. Finché mi ricorderò di essere in vita, mi ricorderò di te.
Non ho imparato granché, continuo ad andare nelle stazioni, un fantasma tra i binari, a disegnare cartoline di anime che si separano
A 20 consumati dalle paure, a 40 cosa faremo? “C’è tempo” tu dici, ti sdrai su un fianco e io mi domando cosa ci vedi nelle nuvole, mi domando dove sei, di cosa abbiamo paura.
Ogni giorno inventerò una lingua nuova, nuove equazioni e cure e molecole, per essere qui, domani, dove sei tu